Mi interrogo spesso su dove ci condurrà questo presente. E mi sento estraneo ogni volta che lo faccio. Mi sembra che interrogarsi sia ormai visto come una perdita di tempo.
E il tempo oggi sembra essere il bene più prezioso.
In realtà il bene più prezioso credo diventerà l’acqua. Acqua buona, potabile. Questo pensiero apre già ad un possibile futuro. Un futuro di lotte per l’acqua.
Questa é una visione seria del futuro ma ce ne sono altre che immagino e poi mi chiedo quanto saranno lontane dalla realtà. Futuri che forse mai vedrò ma di cui stiamo gettando le basi.
I film, prima di iniziare a rifare le cose del passato o saghe con prequel, pre-prequel, spin-off, reboot e così via, immaginavano il futuro e spesso lo facevano a tinte fosche per creare dentro di noi quel livello di ansia che ci teneva incollati allo schermo.
Il futuro migliore che mi viene in mente era quello immaginato in Ritorno al futuro ma nonostante la mia passione per Marty McFly, un altro film di quello stesso periodo immaginava un futuro che sembra ad oggi più possibile: Terminator.
Terminator raccontava un mondo controllato da un’intelligenza artificiale, ovviamente malvagia.
Un po’ come il più recente Io-robot con Will Smith e, in un certo qual modo, Wall-E della Pixar (ricordate il timone che ostacola il ritorno sulla terra?). L’idea che l’informatica ci scappi di mano e finisca per tenerci prigionieri, é un canovaccio alquanto consolidato: solo immaginazione?
Tempo fa, Facebook chiuse un esperimento di “conoscenza” tra due intelligenze artificiali, perché avevano sviluppato un linguaggio incomprensibile per l’uomo: nel momento in cui una AI (artificial intelligence) struttura un linguaggio sconosciuto diventa fuori controllo. Quello che compresi io dagli articoli che lessi su questo argomento, era, in realtà, che avendo velocità infinitamente maggiori rispetto alle nostre, queste AI avevano portato avanti la nostra lingua. Come se parlassero un possibile inglese di mille anni avanti nel tempo!
Tutti i film, libri, fumetti ambientati nel futuro, esprimono idee verosimili. Mi viene in mente l’architettura verticale immaginata da Nathan Never, fumetto Bonelli nato a inizio anni 90′, in cui le città sono immaginate a strati: negli strati più bassi ci stanno i dimenticati della società e in quelli più alti i potenti.
Pensando ai film, uno la cui visione credo si avvicini molto al nostro futuro prossimo é quello di Minority Report con Tom Cruise. Non tanto per l’idea di prevedere crimini, quanto per la modalità delle pubblicità personalizzate. Tom Cruise passeggia in strada e si attivano ologrammi delle pubblicità basate sui suoi gusti. L’algoritmo dei gusti esiste già e ben presto esisterà anche la fusione tra uomo e parti meccaniche o elementi connessi.
Quando commercializzeranno un chip da impiantare nella retina per vedere in realtà aumentata (evoluzione degli Smart glass) credo che molti lo richiederanno. Come del resto un chip per espandere la memoria, modello Johnny Mnemonic (già in studio non é fantascienza).
A me invece, piacerebbe ci fosse (e magari qualche azienda o start up lo sta già realizzando), un chip da impiantare nel corpo che monitori lo stato di salute, invii un alert al medico curante in caso di valori sballati e magari fissi direttamente gli esami necessari. Li vedo già i cortei dei complottisti che inneggiano alla privacy e fomentano idee di controllo da parte dei poteri occulti: Hey, sveglia, ci stanno già controllando!
C’è poi il futuro di Alita, un manga giapponese del 1990 di Yukito Kishiro. É un futuro che é già il nostro presente, come ho scritto anche altrove.
Ci sono due luoghi in cui vivere: la discarica e Salem.
Se nasci nella discarica, resti nella discarica. Il tuo compito, oltre a sopravvivere, é quello di stoccare cibo e beni di consumo da mandare a Salem, la città sospesa sopra la discarica. Gli scarti di Salem vengono gettati alla discarica.
Gli abitanti di Salem vivono una vita agiata, in pace, senza pensieri.
C’è un segreto però: agli abitanti di Salem é stato tolto il cervello e scambiato con un chip.
Non mi sembra molto diverso dal nostro rapporto con i paesi sottosviluppati. Noi felici ma controllati, loro schiavi del nostro benessere.
In questi mesi di solitudine forzata, di videochiamate, di schermi sempre accesi, ho avuto un’immagine del futuro.
Ho visto un uomo a casa con la sua fidanzata, che indossa un occhiale da realtà virtuale ed entra nel cyberspazio con il proprio avatar: uno spazio circondato da un numero variabile di porte, variabile a seconda dei contesti che frequenta quella persona. Uno spazio che ognuno si crea come vuole, nell’illusione di essere unico. Quella sera sceglie i vestiti, apre una porta ed entra in un locale dove piano piano arrivano tutti i suoi amici.
C’è anche la sua fidanzata a bere con lui e il resto della compagnia ma io guardavo quest’uomo seduto su una poltrona, immerso nella realtà virtuale e la fidanzata che avevo visto prima non era accanto a lui seduta con la maschera per entrare nel cyberspazio.
La sua fidanzata era in piedi immobile, assente. Allora ho capito che la sua fidanzata era un androide, il che non sarebbe così improbabile visto che giá da tempo esistono le fidanzate olografiche (cercate gatebox per farvi un’idea) e visto come basta poco per relazionarsi in modo umano ad assistenti virtuali come Alexa o Siri. Dopo due scambi di battute, il nostro cervello inizia a percepirle come amiche.
Il mio lavoro di psicoterapeuta é destinato a finire. Perché andare a pagare un terapeuta quando la tua intelligenza artificiale prenderà forme umane e avrà un algoritmo talmente evoluto da trovare le risposte per ogni malessere? Se davvero la tendenza dovesse spingere verso sedute online, che ci sia io sullo schermo o un AI con un volto digitale, chi noterebbe la differenza? Su questo punto consiglio di andarsi a guardare Metahuman Creator di Epic Games.
E se vi appare un’affermazione forzata, pensate che in questi giorni Microsoft ha presentato Mesh, così descritto nelle parole tratte da “La Stampa”: Microsoft svela Mesh, una piattaforma che riproduce i partecipanti di una conversazione come fossero ologrammi… In un primo momento, i partecipanti a Mesh verranno riprodotti come avatar ma al crescere della community si avrà quello che la compagnia definisce un vero e proprio teletrasporto delle proprie sembianze.
Quindi, consapevoli che le AI odierne già sono in grado di superare il test di Turing (trovate la descrizione online), nel momento in cui entrerò in un mondo virtuale che abbia di fronte l’avatar di Sardi Tommaso o uno generato dall’intelligenza artificiale, cosa mi farà notare la differenza e propendere per una persona reale? In fondo nessuna delle due sono persone reali!
Forse ci dovremo interrogare su chi scriverà l’algoritmo di queste intelligenze artificiali e cosa potrà mai garantire che non possano essere hackerate ma forse sarà un’evoluzione che avverrà da sola, senza troppi interrogativi. Mi chiedo se una logica ferrea, sentendoci dire che siamo soli, che in fondo il nostro esistere o non esistere non muta l’equilibrio dell’universo, non sarà portata ad indirizzarci al suicidio. Su Salem esistono casottini sparsi per la città dove le persone entrano per mettere fine alla propria vita.
Nella mia visione del futuro ognuno vive nelle proprie case senza mai uscire, con il cibo che arriva direttamente nell’abitazione da chissà dove, perché é diventato così naturale che accada che nessuno si interroga più. Le case sono singole stanze che mutano a seconda del bisogno, con mobili che cambiano forma e colore in base alle richieste e muta anche il panorama della finestra smart a seconda della stagione e dell’ora o semplicemente dei gusti.
Un’idea la mia che molto si avvicina a quella di Spielberg nel più recente Ready Player One: ascoltate le parole del protagonista nei primi dieci minuti, per farvi un’idea.
In comune a tutte le idee di futuro (mio dio, mi rendo conto di non aver citato il film per eccellenza: Matrix) l’intera umanità finisce sotto il controllo di qualcuno o qualcosa e questo mi preoccupa perché la storia dimostra che non siamo capaci di distinguere un dittatore, un tiranno fin da subito. Anzi la maggior parte delle persone non li riconosce nemmeno quando iniziano a compiere il male. Ci vuole sempre qualcuno, singolarmente o in gruppo, che attui una rivolta spesso incompresa dalla massa.
Questo accade perché il tiranno (fisico o digitale che sia) prima ti ammalia, ti fa sentire che c’è per risolvere i tuoi problemi. Conquista la fiducia in modo da creare un consenso inattaccabile, induce a pensare che le posizioni diverse dalla sua sono sbagliate e pian piano assume quell’aura di chi dice le cose perché possiede una verità che trascende la nostra conoscenza.
Come un dio, o meglio un diavolo.
Come Hitler e tutti della sua specie.
Come un maltrattante con la moglie.
Questa, a mio avviso, dovrebbe essere una riflessione da non mettere da parte.
Non pretendo né penso di poter essere uno di quei futuri partigiani che nei film liberano il mondo, anche perché noi siamo ancora nella fase in cui il futuro controllante ci fa stare bene e anzi meglio rispetto al passato quindi nemmeno si avverte la necessità di una ribellione.
Posso solo continuare a riflettere e cercare narrative differenti.
Si dice che se una farfalla sbatte le ali, si genera un tornado dall’altra parte del mondo. Forse se fossimo in tanti a farlo un giorno potrebbe arrivare la farfalla che cambierà tutto.
Tommaso Sardi
21-03-2021