Se è vero, come credo, che il linguaggio formi la realtà e dalla realtà venga formato, allora mi chiedo se non sia possibile trovare altro rispetto a asterischi e schwa che, essendo mutilazioni del linguaggio, rischiano di creare una realtà mutilata, frammentata, piuttosto che una realtà più completa.
L’attuale analisi del linguaggio parte dal tema dell’identità di genere e di come la lingua italiana contribuisca a dare vita a stereotipi sessisti é un tema molto complesso.
Asterischi e schwa mi sembrano invece soluzioni molto semplici per fare fronte al maschile plurale generico dell’italiano, e tra l’altro incidono solo sul linguaggio scritto.
Non credo comporti riflessione e sforzo mentale premere una i o un altro tasto.
Ma soprattutto é un processo che si basa solo sull’idea del distruggere e non su un’idea evolutiva di costruzione che quindi richiederebbe molta fatica e molta attività di pensiero prima che diventi automatica.
Mi sembra un’altra manifestazione della cancel culture di cui non ci rendiamo conto perché viene attuata in nome della tutela delle persone.
Eliminare una i, buttare giù statue, mettere al bando testi, bruciare quadri, hanno in comune l’idea del distruggere.
Ho provato a cercare una diversa risposta, una risposta più complessa e più faticosa, così faticosa che raramente riesco a metterla in atto. Una risposta che non dico sia assolutamente giusta o definitiva, però una risposta che cerchi di invitare al ragionamento. Poi dal ragionamento potrebbe nascere una risposta diversa e migliore.
Invece di soffermarmi sul fatto di essere binario, non binario, fluido o di essere cristiano, ebreo, musulmano o ricco, povero, acculturato, analfabeta (perché l’identità di genere é solo una parte dell’Identità e delle cose che ci differenziano), mi sono chiesto cosa sono io di uguale a tutti gli altri (per adesso uso il linguaggio ordinario): io sono una persona, tu sei persona, noi, voi, tutti siamo persone!
Allora se devo salutare un gruppo di persone posso dire “buonasera a tutte”, intendendo “buonasera a tutte le persone a cui sto parlando”.
Non é semplice da attuare ma forse il plurale femminile può essere una possibile evoluzione del linguaggio perché non sia discriminante in un modo non basato sull’indicare gli attributi di ognuno o sulla semplicistica distruzione del passato ma basato sull’uguaglianza di tutte salendo di piano logico.
Che in modo metaforico é quello che già suggerivo nel racconto del Leone e la festa di primavera…